Prestito vitalizio ipotecario
Con la legge 44/2015 (in Gazzetta Ufficiale n. 92 del 21 aprile 2015), entrata in vigore il 6 maggio scorso, viene introdotta una modifica alla previgente normativa disciplinata dall’art. 11 quaterdecies, d.l. n. 203/2005, convertito con modificazioni dalla L. n. 248/2005 (c.d. legge finanziaria 2006) che norma l’istituto del c.d. “prestito vitalizio ipotecario”.
Il testo all’epoca in vigore stabiliva che esso avesse ad oggetto la concessione, da parte di aziende ed istituti di credito e di intermediari finanziari di finanziamenti a medio e lungo termine con capitalizzazione annuale di interessi e spese, e rimborso integrale in unica soluzione alla scadenza, assistiti da ipoteca di primo grado su immobili residenziali, riservati a persone fisiche con età superiore ai sessantacinque anni compiuti, ora ridotto a sessanta.
In altre parole, l’istituto consiste in una forma di finanziamento garantito da una proprietà immobiliare residenziale, che consentiva al proprietario di convertire parte del valore dell’immobile in contanti al fine di soddisfare esigenze di liquidità, senza che lo stesso fosse tenuto a lasciare l’abitazione ovvero a ripagare il capitale e gli interessi sul prestito fino alla scadenza del contratto.
Il prestito ipotecario vitalizio era strutturato in modo da offrire al mutuatario la disponibilità di una certa liquidità con un termine di adempimento dell’obbligo di rimborsarla coincidente normalmente con la sua morte e con la possibilità per i suoi eredi di recuperare l’immobile ipotecato in garanzia rimborsando il credito alla banca.
Pare, dunque, un’alternativa per i proprietari di immobili abitativi che intendano ricorrere al credito alla vendita della nuda proprietà con riserva dell’usufrutto vita natural durante, con vantaggio, però, di non trasferire la proprietà dell’immobile e consentire, pertanto, ai futuri eredi di poter godere in caso di vendita di future rivalutazioni di prezzo.
Nel silenzio della norma si ritiene che detto prestito possa essere concesso sia in un’unica soluzione che sotto forma di rendita periodica.
La novella conferma la limitazione a quanti di età non inferiore a sessant’anni siano proprietari di un immobile a destinazione residenziale, data l’espressa previsione che la garanzia del mutuante debba essere costituita da un’ipoteca di primo grado solo su tale tipologia di bene.
Tale diritto reale di garanzia possa gravare un solo immobile (con relative pertinenze ex art. 818, comma 1, c.c.) dato che il comma 12 quater prevede un divieto d’iscrizione contemporanea su più immobili di proprietà del finanziato.
Non è, invece, precisato che debba necessariamente essere quello abitato dal mutuatario, anche se la funzione dell’istituto parrebbe richiederlo.
La norma prevede due varianti del finanziamento: la prima prevede la capitalizzazione annuale di interessi e di spese. È infatti stabilito che gli interessi e le spese relative siano capitalizzati periodicamente sul finanziamento originario e rimborsati, unitamente al capitale, alla data di decesso del mutuatario.
Si tratta di una deroga implicita all’art. 1283 c.c. secondo cui gli interessi anatocistici (o composti), in mancanza di usi contrari, possono a loro volta produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di una convenzione posteriore alla loro scadenza e sempre che si tratti di interessi dovuti da almeno 6 mesi.
L’apertura della successione del soggetto finanziato costituisce il termine di adempimento (artt. 1183-1184 c.c.) dell’obbligo di rimborso del finanziamento, tanto che nel corso della durata del prestito e fino alla morte del mutuatario nulla è dovuto alla banca. Ne consegue che vivente il mutuatario, ove lo stesso non decada dal suindicato termine per l’adempimento, non v’è alcuna possibilità di insolvenze relative al finanziamento.
Non è pertanto previsto alcun piano di ammortamento. Tuttavia l’associazione bancaria italiana e alcune associazioni dei consumatori hanno sottoscritto il 27 giugno 2014 un protocollo di intesa volto a sensibilizzare gli operatori a tener conto di alcuni principi di tutela del consumatore nell’offerta del prestito ipotecario vitalizio da disciplinarsi a livello contrattuale. Tra questi v’è anche quello che prevede l’opportunità, a fini di una sua maggiore comprensione e consapevolezza in merito alle caratteristiche del finanziamento che, in fase precontrattuale, sia fornito al mutuatario sia consegnata un’informativa dettagliata che rappresenti il prospetto degli importi, inclusivi di capitale, interessi ed eventuali oneri e spese che devono essere rimborsati, prendendo in considerazione un arco temporale di almeno 10 anni.
La seconda variante del contratto consente al soggetto finanziato di optare, in sede di stipula del finanziamento, per un rimborso graduale, in vita, della quota di interessi e delle spese, senza alcuna loro capitalizzazione. Rimane invece fermo il termine di adempimento, per il rimborso del capitale e dell’eventuale residua quota di interessi e spese, alla morte del soggetto finanziato o al verificarsi di uno degli eventi previsti dal comma 12.
Non essendo più previsto in tale variante un unico termine di adempimento finale, ma anche più termini parziali, è previsto che il contratto possa essere risolto ai sensi in virtù dell’art. 40, comma 2, T.U.B. (decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385) per il ritardato pagamento delle rate (effettuato tra il trentesimo e il centottantesimo giorno dalla scadenza della rata) verificatosi almeno sette volte, anche non consecutive.
Per entrambe le fattispecie è tuttavia previsto che il finanziato decada da ogni termine di adempimento e il contratto si risolva qualora egli trasferisca, in tutto o in parte, la proprietà o altri diritti reali, o costituisca diritti di godimento o reali di garanzia sull’immobile ipotecato, oppure compia altri atti che ne riducano, comunque, significativamente il valore (su cui vedi infra).
Qualora il finanziamento non sia integralmente rimborsato entro 12 mesi dal verificarsi di uno degli eventi indicati nella legge, il finanziatore potrà provvedere direttamente alla vendita dell’immobile ad un valore pari a quello di mercato, determinato da un perito indipendente incaricato dal finanziatore, utilizzando le somme ricavate per estinguere il credito vantato in dipendenza del finanziamento stesso.
Trascorsi ulteriori 12 mesi senza che si sia riusciti a vendere l’immobile è previsto un ribasso del prezzo del 15% e così via per ogni 12 mesi successivi.
La parte del prezzo eventualmente ricavato dalla vendita eccedente il capitale residuo del finanziamento è destinata agli eredi o al soggetto finanziato nel caso in cui egli sia decaduto dal termine.
Contro il rischio derivante da un eventuale deprezzamento del valore dell’immobile che potrebbe non essere sufficiente a rimborsare interamente il prestito è stabilito (12 quater, comma 2, penultimo periodo) che il valore del debito da restituire non possa essere mai superiore al valore dell’immobile venduto, al netto delle spese sostenute.
Tale disposizione è volta ad evitare di lasciare agli eredi un importo da rimborsare superiore a quello ricavabile dalla vendita della proprietà ipotecata.
Dopo la vendita dell’immobile è ben possibile che esso non venga spontaneamente rilasciato all’acquirente da parte o del soggetto finanziato decaduto dal termine, ma in vita, o dei chiamati, o degli eredi o anche da parte di coloro che in virtù di uno degli atti previsti dall’art. 12 abbiano acquistato un diritto di godimento su di esso facendo decadere il soggetto finanziato dal beneficio del termine.
A differenza di quanto previsto per le esecuzioni immobiliari dall’art. 560, comma 3, c.p.c., non è possibile contare su di un ordine del giudice dell’esecuzione che possa essere munito della formula esecutiva e costituire il titolo in base al quale provvedere coattivamente al rilascio.
Leggi gli altri articoli pubblicati dall’Avv. Antonio Rostagno
Leave a Reply
You must be logged in to post a comment.